I care al maggio dei Monumenti 2014

I care fontanelle partecipa al maggio dei monumenti 2014 con queste iniziative

Il cimitero delle Fontanelle:
alla scoperta di riti e devozioni, storie e leggende napoletane:
Visite guidate max 20 persone
3, 10, 17, 24 maggio
orario: 10.00
ingresso: gratuito
Seminario
29 maggio orario: 17.30
Libreria Dante & Descartes
piazza del Gesù

info 328 4790743; 330 242218

Sulla nomina del cappellano al cimitero delle Fontanelle

Molti mi hanno chiesto: che significa che è stato nominato il cappellano al cimitero delle Fontanelle?
Ecco la mia risposta. La nomina del cappellano al cimitero delle Fontanelle è il tentativo di riportare la sua gestione nell’alveo di una “normalità” che può derivare solo dal riconoscimento della sua natura di cimitero storico.
Sembra una banalità, ma non lo è. Oggi il cimitero è terra di nessuno e, come dimostra la vicenda della statua del Sacro Cuore andata in frantumi, corre il rischio di subire danni irrecuperabili.
Pur essendo consapevole che nella Chiesa napoletana esistono opinioni molto differenziate sul cimitero, credo e spero che la decisione della Curia di nominare un cappellano significhi che l’istituzione religiosa ha deciso di essere più presente.
Il lavoro della nostra associazione è testimonianza di un impegno della parrocchia che non si limita alle questioni di culto, ma affronta i complessi problemi culturali che la storia e la gestione del cimitero pongono.
Anche se il culto delle anime del purgatorio si è ormai esaurito, il cimitero resta un luogo sacro e poiché è aperto al pubblico, devono essere rispettate alcune norme elementari che attengono al vivere civile. Mi riferisco, ad esempio, all’esigenza che non si svolgano feste o manifestazioni culturali dove sono esposte le ossa e alla necessità che le cerimonie religiose, come quella del due novembre, siano curate da un cappellano.
Purtroppo le altre istituzioni (il Comune di Napoli proprietario e la Sovrintendenza ai beni storici artistici ed etnoantropologici) non hanno idee chiare su come muoversi quando si tratta del cimitero delle Fontanelle, prigioniere ancora di schemi culturali inadeguati. Più in generale, la cultura napoletana, per quanto riguarda la questione del cimitero, è lontana dal rigore nella ricerca storica e antropologica e da scelte tecniche adeguate alla salvaguardia ed alla fruizione del bene culturale.
Se si va su internet e si vede la scheda tecnica dell’ultimo restauro, costato ben due milioni di euro, ti renderai conto che la “ lettura rigorosa dell’Ossario luogo del dialogo con le anime del Purgatorio” a cui si sono ispirati i lavori, ha lasciato tanti problemi aperti sia sul piano della ricostruzione storica (la collocazione della bare dei Carafa ), che della conservazione dei beni (altare del Sacro Cuore e lapide dell’arciconfraternita di San Giuseppe Maggiore in disfacimento) e delle continue infiltrazioni di acqua .

Rocco Civitelli

La Curia Arcivescovile napoletana nomina padre Evaristo Gervasoni cappellano del cimitero delle Fontanelle

La pubblicazione della terza e ultima parte della ricerca “1950 – 1970. Il culto delle Anime del Purgatorio al cimitero delle Fontanelle in alcuni articoli della stampa napoletana” è rinviata a lunedì prossimo.

Diamo priorità alla notizia della nomina a cappellano del cimitero delle Fontanelle del parroco delle Fontanelle, Evaristo Gervasoni.

È un passo importante nella direzione in cui ci siamo mossi in questi anni:

– far riconoscere alle istituzioni napoletane che alle Fontanelle c’è un cimitero storico, un luogo che è nello stesso tempo luogo sacro e bene culturale, sottoposto alle regole che vigono per i cimiteri in cui non avvengono più sepolture e sono aperti al pubblico, come gli ossari e i cimiteri monumentali che si trovano in tutta Italia e in tutto il mondo;

– favorire le ricerche sulla storia di questo luogo così rappresentativo della storia degli ultimi centocinquanta anni della città di Napoli;

-contrastare “l’impressionante” tendenza a dare della religiosità napoletana una rappresentazione più arretrata di quella che realmente è.

I care-fontanelle ringrazia tutta la Curia Arcivescovile napoletana e in particolare il Vicario Generale, Monsignor Lucio Lemmo, per questa importante decisione che ci impegna ad andare avanti.

 

1950 – 1970. Il culto delle Anime del Purgatorio al cimitero delle Fontanelle in alcuni articoli della stampa napoletana – Seconda Parte

Nel suo racconto “Il Purgatorio”, Domenico Rea non entra nel merito delle questioni affrontate dagli articoli del “Giornale d’Italia e della “Croce”, ma riconosce e sublima il ruolo svolto dalla Chiesa povera durante i bombardamenti a Nofi, la località in gran parte identificabile in Nocera Inferiore, luogo di nascita dello scrittore. Il racconto ha diverse sfaccettature. La prima descrive  l’atmosfera di Nofi durante la guerra con i bombardamenti lontani: “si vedevano né più né meno come in un cinema”; la seconda descrive la cittadina sottoposta ai bombardamenti, la fuga delle istituzioni dalle loro responsabilità e il trauma della popolazione; la terza è un finale denso, asciutto , essenziale: il prete povero inciampa, con il sacramento in mano, in un buco del giardino che porta “nel  ventre della terra, che da allora fu chiamato Purgatorio”. Il prete suona le campane e la gente corre a rifugiarsi in questo Purgatorio. Il punto chiave del racconto è la Chiesa povera “ Anche i preti eranno scomparsi”. Era rimasto “Solo don Giuseppe, un prete a sé, un escluso, un punito, un confinato”.

Come interpretare questo scritto di Rea?  “Cristo si è fermato a Eboli” era già stato pubblicato ed aveva avuto un’eco vastissima, ma il folclore progressivo non era ancora venuto alla ribalta. Ernesto De Martino ancora non aveva pubblicato i suoi scritti sulla religiosità popolare. Una chiave di lettura può essere data collegando il racconto al film “Viaggio in Italia” di Roberto Rossellini di alcuni anni più tardi, che ha alcune  scene girate dal regista proprio nel cimitero delle Fontanelle. Quelli che scendono nelle grotte di Nofi con il prete e quelli che vanno al cimitero delle Fontanelle, sono come quelli che nella famosa scena finale del film partecipano alla processione dell’Addolorata durante la quale avviene il miracolo: Innocenti. “Come possono credere a queste cose, sembrano tanti bambini”, dice il protagonista Georges Sanders rivolto alla moglie Ingrid Bergman, prima che l’atmosfera scatenata tra la folla dal miracolo coinvolga e trascini sia lui che la moglie verso una ricomposizione affettiva e familiare impensabile qualche istante prima.

“Purgatorio” anticipa quelli che saranno poi i temi del folclore progressivo e si colloca all’interno della cristologia popolare napoletana. Una delle tante creazioni/invenzioni della cultura partenopea: “… il napoletano non conosce Dio, e nemmeno ha bisogno di lui, e mai, nelle sue preghiere, si rivolge a lui, ma sempre e soltanto a Gesù, alla Madonna e alla famiglia dei santi. Non si rivolge a Dio perché Dio non è antromorfizzabile….e’ un fiato. Un’idea. Non si è mai fatto vedere e non si vedrà mai…mentre Gesù e la sua Sacra famiglia sono discesi in terra e hanno visto da vicino le necessità e i bisogni delle creature” [1]. Anche tra i santi la scelta è netta. Rea così descrive piazza San Domenico Maggiore: “Al centro, come un totem, si leva il secentesco obelisco eretto a San Domenico, un santo certamente familiare a Napoli a un’èlite intellettuale ma sconosciuto alla plebe, che a lui preferì sempre il più domestico San Gennaro, così plateale nei suoi miracoli e nelle sue manifestazioni”. E prosegue mettendo tra parentesi, come di un evento misterioso: “sembra che nell’attiguo convento San Tommaso abbia terminato la sua Summa teologica[2].

In “Le due Napoli” Rea va oltre, egli ritiene che le uniche armi dei poveri per vincere la miseria siano gli espedienti e i sotterfugi e vede nel “contrabbando un momento storico importantissimo come aspirazione al lavoro, a costruirsi una casa, a fondare una famiglia civile[3].

La cristologia popolare se coglie certamente un modo di essere di alcuni strati della popolazione si presta anche a coprire quei fenomeni di religione a proprio uso e consumo o, con terminologia postmoderna, di religione usa e getta che affliggono la realtà napoletana. Ma, soprattutto non tiene conto del fatto che un tema come l’antropomorfismo, che in modo controverso caratterizza in tutto il mondo la religione cattolica non solo non ha impedito, ma ha contribuito  a chè una specificità della storia culturale napoletana fosse quella di essere stata terra di grande filosofia  e  di grande musica, discipline per definizione astratte e basate sulle idee.

Sono dunque molti gli aspetti del difficile e complicato tema della religiosità e del devozionismo partenopeo, che ancora aspettano di essere adeguatamente indagati. Tempo fa ho incontrato Romeo De Maio cui ho chiesto come mai non avesse proseguito i suoi studi sulla società e la vita religiosa a Napoli. Lo studioso mi ha risposto, con sorriso tra l’ironico e il misterioso, come solo le persone molto anziane sanno fare, che la materia è ancora troppo ardua, consigliandomi la lettura del suo saggio “La parte di Napoli che muore – religione etica e religione quieta[4]” che è di estremo interesse per la conoscenza della religiosità napoletana nel secondo Novecento.

[1] R. Guarini , La sua musa creaturale, in  Rea, Opere, cit., p.XXXII.

 [2] D. Rea, Pagine su Napoli, Azienda Autonoma di soggiorno cura e turismo, Napoli 1995, p. 65.

[3] Rea, Opere, cit., p.1339.

[4]  R. Di Maio, La parte di Napoli che muore, religione etica e religione quieta, Estratto da” Cronache napoletane”, Napoli Ottobre 2002.

Purgatorio

di Domenico Rea

Il Tempo /13 novembre /1950

Nell’ultima guerra, a N+++, come in centinaia di paesi della Campania vennero a rifugiarsi migliaia di napoletani e parenti, congiunti e amici di nostri contadini delle altre città d’Italia più esposte ai bombardamenti. N*** nel giro di un anno, moltiplicò per due  e per tre i suoi trentamila  abitanti e si trasformò in una allegra città di villeggiatura. La gente, costretta all’ozio, passeggiava, visitava i colli, si spingeva fino al mare di Vietri, organizzava feste e trattenimenti. Si videro coppie d’innamorati, alti alti, vestiti alla moda, passeggiare abbracciati per le pubbliche strade, accarezzarsi e sbaciucchiarsi senza che nessuno osasse levare un dito: perché quelli erano signori dai paesi civili dove si usa far pubblicamente queste cose. Anzi il loro esempio fece scuola e al vespro N*** si trasformò in un paese vivacissimo di baldi giovani e di fanciulle settentrionali e cittadine dal corpo esile e dalla bocca immensa truccata. L’ufficio postale prese un aspetto di locale internazionale, i caffè spinsero i tavolini fin nelle strade e, alla sera, si aspettava, chiacchierando e giocando, il solito bombardamento su Napoli.

Appena la sirena fischiava, si saliva in terrazza  e si guardavano i grappoli di razzi sospesi nel cielo lontanissimo e curvo che non si sapeva se era mare o cielo. L’allarme era una distrazione e un’eccitazione singolare e quando una sera passava senza “nulla di fatto” ci si addormentava vestiti, per essere pronti a rifugiarsi, delusi e increduli. Le ragazze e i ragazzi desideravano di essere una volta tanto protagonisti di un bombardamento, per la facilità con cui si susseguivano su Napoli senza che alcun sostanziale mutamento si verificasse l’indomani nella vita di N***. Da N*** i bombardamenti su Napoli si vedevano né più né meno come in un cinema, in cui lo spettatore assiste alle più spaventose sciagure mentre succhia una caramella. Il cuore voleva vendicarsi di anni e anni di noia ; e anche le persone più serie, più impegnate nel desiderare la pace, non furono mai costernate.

 I commercianti, i fornai, gli albergatori i cocchieri cominciarono a vivere la loro grande stagione e nessuno credeva nella propria morte personale; perché N***, dopo tre anni, non contava un morto o una tegola volata via.

 Ma all’improvviso, dopo le feste del luglio 1943 come un rapido cerchio che si restringa al suo centro a vista d’occhio, intorno a N*** cominciò a vedersi una barriera di fuoco. Da una sera all’altra il paese fu come abbandonato. Chi in fretta e furia, rifece le valigie per ritornate in alta Italia, chi per perdersi in qualche campagna. Si vedevano portoni sbarrati, altri lasciati aperti. Mezzogiorno, per solitudine e silenzio, sembrava mezzanotte. Dal quartiere fuggirono i soldati; dai  carceri i carcerati; dagli ospedali i malati che potevano abbandonare il letto, mentre gli altri gridavano e imploravano di essere trasportati fuori. Ai commercianti successero i primi contrabbandieri, che comparivano negli angoli delle strade: aprivano il sacco, vendevano e scomparivano. E la gente cominciò a impazzire dentro le mura della città.

Per qualche ora, al mattino presto, quando le speranze sono ancora attive nel petto dell’uomo, si verificava un po’ di traffico. Si scappava fuori dalle cantine-tane per un po’ di farina, per un pezzo di carne. Appena moriva un cavallo, la gente se lo trascinava nelle cantine e tagliavano fette dalle polpe delle cosce. Poi, al primo rombo o al primo colpo d’artiglieria (si era capitati tra due fuochi), via, dentro i palazzi chiusi a doppio giro di chiave, quasi le bombe dovessero entrare dal portone e il doppio giro di chiave rassicurasse gli animi. “Il portone è chiuso a chiave non c’è pericolo”.

Ma il cerchio si stringeva e le persone nelle cantine-tane, con la testa curva sotto i tetti umidi, un corpo vicino ad un altro, rischiarati dalla fiamma di una superstite candela, avevano i volti uguali perché comune era il dolore. Era un terrore diverso: il naso storto di uno sembrava più storto, le orecchie piccole di un altro sembravano avvampare e dilatarsi, i baffi di un altro tremavano anche senza vento sulla pelle gialla.

Una notte gli aerei vennero proprio su N***. Non c’era niente a N***, oltre le case, le campagne piene di cavoli e i campanili delle chiese. Pure gli aerei vennero e si fermarono, quasi che, come le automobili, potessero fermarsi e mantenere acceso il motore. Questa fu l’impressione. Gettarono alcuni quintali di bombe, che caddero nella profondissima anima di ciascuna persona, e per caso, su un palazzo popolare (dietro la ferrovia) capace di sette-ottocento inquilini. Nella stessa notte si sparse la voce: “Stanno morendo cinquecento persone nelle cantine di dietro la ferrovia” Erano nostri concittadini. Li dovevamo conoscere per forza. Qualcuno andò a brancolare con qualche fiaccola su i sepolti vivi e a raccogliere gli urli della loro agonia in tutta sanità e bestialità di corpo.

Ma i più, i quasi tutti, calarono la testa e si limitarono a dire uno sfacciato “requiem” in coro, mentre quelli dovevano ancora avere il cervello, pieno di esaltate e sempre più violente speranze, decisi a sollevare a colpi di testa, di petto  e di pancia, la montagna cadutagli addosso. Uno, un facchino, Barraccone, fortissimo, riuscì a far scoppiare le pietre che lo opprimevano e, uscito fuori, rivedendo il pericolo corso con l’accumulazione fantastica della memoria, si mise a gridare – come si grida quando il pericolo è passato – per le strade del paese. Ma la voce se ne volava sopra i tetti, non gli ricadeva nemmeno nell’anima: una voce perduta.

Andò al corpo di guardia e una superstite guardia fu seccata di essere colta in flagrante nel punto dell’onore, che non aveva.

Baraccone gli disse: “Vieni è tuo dovere aiutarmi. Bisogna tirarne cinquecento, tutti vivi”. La guardia rispose: “Ah davvero, mamma mia, che disgrazia. Vuoi le torce? Prendine quante ne vuoi”. “ Vieni o ti scanno” ripetè baraccone alla guardia, con una faccia di bestia esaltata. La guardia fece cenno di aspettare e scappò via per una seconda uscita. Dopo quella notte, il facchino non volle più salutare un essere umano e tuttora vive a N*** come un eremita di se stesso.

Anche i preti erano scomparsi. Solo don Giuseppe, un prete a sé, un escluso, un punito, un confinato a reggere la Monachelle, una chiesetta fuori mano, continuava ad aprire la Monachella e a dir messa. La mattina della scoperta, per una sopravvenuta incursione, fu costretto a scappare col Santissimo Sacramento nel rifugio del giardinetto, quando un piede gli sprofondò nel terreno. Con mezza gamba nel buco, abbracciato il Santissimo restò in attesa. Rifattasi la calma, ritornò in chiesa, rinchiuse il Santissimo nel tabernacolo e ritornò sul posto dello sprofondamento.

C’era un buco simile a quello che si può praticare su un uovo di cioccolato. Non era terra; era una scorza di creta; e dentro un vuoto buio profondo e largo quanto più il badile frantumava la scorza. Un buio contorto, con tracce chiare al contatto della luce. Don Peppe ritornò in chiesa, si munì di una fune, di una torcia e, legatosi, si calò nell’abisso. Dopo un’ora risaliva con la faccia stravolta e andava direttamente a suonare la campana a festa. La notizia della scoperta si sparse come un lampo per l’intero paese, e per i paesi vicini, giunse fino a Cava, fino ai paesi dei monti di Salerno. Più la diffusione della notizia che la scoperta del buco ebbe del miracoloso. Era un buco capace di contenere 50 mila persone e scendeva nella terra fino a 17 metri di profondità. Si trattava di una tufara sfruttata e abbandonata. Era scavata a volte, pareti bianchissime, umidissime. Aveva la forma di un incubo, ma di un incubo reale, solido. Le bombe vi tambureggiavano sopra:”tam! Tam!”, ma la scorza era protetta da una molle terra, per metri, e le bombe vi si insabbiavano.

Due ore dopo vi arrivarono le prime truppe di gente. S’insabbiavano come le formiche con le provviste sulle spalle. File di esseri umani, a passo svelto, dal viale del giardino, scendevano nel ventre della terra, che fu chiamato Purgatorio.

1950 – 1970. Il culto delle Anime del Purgatorio al cimitero delle Fontanelle in alcuni articoli della stampa napoletana – Prima Parte

La cronaca di questi giorni ha portato nuovamente alla ribalta il cimitero delle Fontanelle.
Riteniamo un utile contributo al dibattito attuale portare sul web una ricerca fatta sulla stampa napoletana tra il 1950 e il 1970. Si tratta di articoli rappresentativi di orientamenti che per Napoli possono dirsi epocali.
Poiché si tratta di molte pagine, le pubblichiamo in diverse puntate settimanali, ovviamente di lunedì.

Prima parte
Il 21 e il 22 ottobre del 1950, alla vigilia della commemorazione dei defunti, sul quotidiano “Il Giornale d’Italia” sono pubblicati due articoli che denunciano i fenomeni d’idolatria, di feticismo e il commercio di resti umani che avvengono nel cimitero delle Fontanelle.
Il 29 ottobre, la Curia arcivescovile, chiamata in causa, risponde con un articolo su “La Croce”, firmato dalla Direzione.
Il 13 novembre, Domenico Rea pubblica sul quotidiano “Il Tempo” un racconto: “Il Purgatorio”, che ripubblicherà, sostanzialmente identico, sul “Roma “ del 5 aprile 1951.
Il 9 ottobre 1969, “Nuova Stagione” pubblica “La Curia contro il culto superstizioso dei morti”.
Quelli del “Giornale d’Italia” sono gli unici articoli che ho trovato in cui ciò che accade nel cimitero delle Fontanelle non è visto dal versante folcloristico o antropologico, ma dal versante delle responsabilità religiose e civili nella gestione del cimitero. Anche gli articoli della “Croce” e di “Nuova Stagione” sono gli unici che ho trovato in cui la Curia Arcivescovile interviene direttamente .
“Il Giornale d’Italia” e “Il Tempo“, sono stati storici giornali conservatori romani con pagine napoletane. “La Croce” è stato il giornale ufficioso della Curia napoletana sostituito nel 1968 da “Nuova stagione”.

Il Giornale d’Italia parla con durezza di ciò che avviene alle Fontanelle con il consenso del parroco e del guardiano. Sono descritte scene di fanatismo e indicati i prezzi per l’acquisizione delle ossa a scopo di culto o di studio. Cose non nuove, ampiamente riportate nei tanti scritti che già all’epoca c’erano sulle Fontanelle, la novità è che il taglio dello scritto non è folcloristico, ma d’indignazione civile. Interessante è la mini inchiesta che il giornalista cerca di realizzare al Comune di Napoli e in Curia, per cercare un’assunzione di responsabilità su ciò che accade nel cimitero. Le risposte che ottiene sono sempre vaghe o generiche e la conclusione a cui il giornalista arriva è: tutto è abusivo.
Comunque, le domande fatte ai Monsignori sono riportate negli articoli. Esse sono incalzanti, l’attacco alla Curia è frontale: “Perché le autorità ecclesiastiche non hanno mai fatto nulla per chiudere questo luogo, ove si offendono i principi morali e religiosi della Chiesa?” Anche le responsabilità del Comune, che è proprietario e gestore del cimitero, sono individuate con precisione. Alcuni particolari storici, come la sequenza dei parroci, sono sbagliati, ma alcuni interrogativi sono veri: l’ingresso al cimitero dalla sagrestia è abusivo? Se si, perché è stato fatto? Perché è tollerato dalle autorità civili?
Il giornale della Curia risponde con impaccio. Ribadisce che c’è un conflitto con il Comune, che non riconosce il ruolo del Parroco o di un Cappellano gli unici che potrebbero intervenire di fronte a “pratiche religiose pubbliche anche se non ufficiali”. Ma poi, nel merito, invoca problemi di giurisdizione o rinvia alle responsabilità dell’Amministrazione Comunale cui compete la gestione del cimitero. Nello stesso tempo evidenzia la consapevolezza della difficoltà del tema e la problematicità con cui esso è vissuto dalla Chiesa napoletana. Conclude, infatti, l’editoriale firmato dalla Direzione: “Ci risulta che la cosa è da tre mesi allo studio dell’Autorità Ecclesiastica. Non è stato possibile giungere alla soluzione finora per varie ragioni anche perché si tratta di enti non soggetti completamente alla giurisdizione dell’Ordinario del luogo. Comunque possiamo assicurare i lettori che disposizioni tassative saranno emanate tra breve”.
Per cogliere fino in fondo il significato dello scontro giornalistico sopra riportato, bisogna ritornare a quel 1950 in cui tutta la società napoletana è ancora impegnata a superare la guerra e il dopoguerra. Non bisogna mai dimenticare che Napoli è stata una città occupata dalle truppe alleate ben oltre la fine della guerra con danni indimenticabili. Nel secondo articolo del “Giornale d’Italia”, c’è una breve intervista al prof Carlo Ronga che, riferendosi a quanto avveniva nel cimitero, parla di “dimenticare la follia collettiva e turbinosa che ha sconvolto la coscienza di molti nell’immediato dopoguerra”.
L’anno prima era stato pubblicato “La pelle”, il libro in cui Curzio Malaparte aveva narrato della disperazione e della corruzione dei napoletani durante l’occupazione militare degli alleati. Il libro aveva scatenato un appassionato dibattito con una dura condanna del Consiglio Comunale, della Curia e del Vaticano. Altre opere di quegli anni alimentano la discussione: basterà qui citare su versanti opposti, “Napoli Milionaria” di Eduardo De Filippo rappresentata al San Carlo nel 1945, mentre gli avvenimenti di cui parla il testo teatrale erano in corso, che esce nella versione cinematografica e suscita polemiche, proprio nel 1950, e il saggio ”Le due Napoli” di Domenico Rea sempre, del 1950.
La città era divisa. Da una parte la consapevolezza che il superamento del dopoguerra passava attraverso una presa di coscienza esplicita e dura di quello che era accaduto, dall’altro uno sforzo teso a minimizzare e giustificare il tutto e, a tratti, perfino assumerlo come un momento di crescita civile. Come spesso accade nella realtà napoletana, si fronteggiarono (e si fronteggiano) posizioni non solo diverse, ma radicalmente contrapposte e la comprensione di un’epoca, che vede la città passare dall’insurrezione contro i tedeschi delle quattro giornate, all’amministrazione della Giunta Comunale populista di Achille Lauro, resta uno dei tanti nodi irrisolti della storia napoletana.
Lontano da Napoli e a livello nazionale il giudizio è salomonico: quel che accadde nel lungo dopoguerra napoletano fu la rivelazione di piaghe antiche e perenni che la guerra aveva incancrenito ed esasperato ma non creato in una società segnata da scompensi secolari.

Giornale D’Italia  sabato 21 ottobre 1950
 Uno sconcio Inqualificabile/Commercio di resti umani

Nell’Ossario delle Fontanelle/Il popolino, abusivamente appoggiato dal parroco e dal guardiano, si abbandona a scene di idolatria e feticismo

(A.R.) ”Requiescant in pace” è la cristiana frase di chiusura di ogni vita terrena; ma una considerevole parte del popolino napoletano non è di questo avviso se ha creato intorno ad un luogo che dovrebbe essere considerato sacro un fitto velo di assurdo feticismo e di inconcepibile idolatria.

Intendiamo parlare del “Cimitero delle Fontanelle” situato al limite estremo dell’omonima via, proprio sotto il costruendo rione di Mater Dei.

In fondo a questa via, l’ingresso ai cunicoli sotterranei è praticato arbitrariamente nella sacrestia della parrocchia. Una volta entrati, allo sguardo allibito  del visitatore compaiono centinaia di migliaia di teschi e ossa umane accatastati in una disumana confusione, cui hanno contribuito e contribuiscono il popolino, i guardiani del comune e gli stessi sacerdoti della parrocchia.

Fra i teschi e le ossa, di tanto in tanto, l’occhio scopre con raccapriccio i resti semifossilizzati di corpi incompleti di adulti e di bambini, ai quali migliaia di lumini, danno , con le loro fiammelle, un chiarore sinistro.

Migliaia di questi teschi hanno particolari segni di riconoscimento fatti a matita, a penna, col gesso. Centinaia e centinaia sono collocati in minuscoli loculi di marmo recanti scritte ampollose ed assurde; a centinaia si contano i teschi separati dagli altri da un foglio di carta o da un fazzoletto per indicarne la proprietà.

Scene di Fanatismo

Una parte del popolino attribuisce a queste ossa miracolose virtù taumaturgiche. Di conseguenza si assiste a continue scene di isterismo e di fanatismo. Donne e uomini prostrati invocano a gran voce l’intervento di spiriti purificatori; altri recitano concitatamente preghiere scritte in proposito, altri ancora, in tutta fretta, depongono ceri: quattro, cinque, dieci alla volta, e dopo aver baciato il teschio, si allontanano soddisfatti.

Bambini ti tutte le età assistono col terrore negli occhi a questi episodi che non dimenticheranno più.

In seguito a questo inqualificabile stato di cose abbiamo sentito il dovere di interessarci fino in fondo della faccenda, ed abbiamo accertato, con prove inconfutabili, che nell’interno di questa bolgia dantesca, si pratica un vero e proprio commercio di ossa umane.

Prezzi per ogni borsa

Il prezzo varia dalle 500 alle 5000 lire, in dipendenza delle virtù miracolose ad esse attribuite, in prevalenza al popolino per le pratiche di culto, a studenti universitari per studi scientifici, e a collezionisti per raccolte d’arte. Servono perfino a sedute spiritiche.

Vi è inoltre una fitta schiera di persone, le quali, dietro compenso, indovinano, posando una mano su un teschio, il futuro; altre che dopo strambe operazioni, danno numeri (noi ad esempio abbiamo avuto per sole 100 lire 47-48-30 su Napoli); altre ancora che rivelano la pseudo generalità del teschio in parola; e , infine, v’è pure gente disposta a confezionare cuscini, fazzoletti ricamati, nicchie in legno ed in marmo su cui disporre teschi miracolosi, o a recitare per poche lire preci e rosari.

Ci siamo recati al Comune  ed il risultato della nostra indagine è stato il seguente. Il Comune di Napoli è in parte a conoscenza di quanto avviene, diciamo in parte, perché sembra che il guardiano non sia mai stato troppo preciso nei suoi rapporti al Comune.

All’ufficio competente sono state respinte numerose domande di introduzione di urne ed altro.

Tutto è abusivo

Tutto ciò che in questo ossario esiste ed accade è abusivo: dall’entrata praticata nella sacrestia della parrocchia, alle nicchie contenenti i teschi; dalle funzioni religiose che il parroco padre Gelanzè celebra, ai permessi che concede il guardiano signor Guidone.

Ci risulta che da circa quattro anni, il parroco tenta di ottenere con ogni mezzo, ma inutilmente, grazie al buon senso del Sindaco, la direzione dell’ossario, senza alcuna ingerenza laica, e quel che è più grave sembra che, ad appoggiarlo, malgrado il parere sfavorevole di molti autorevoli prelati, sia la stessa Curia Arcivescovile, della quale siamo certi, è stata carpita la buona fede.

Molto tempo fa, quando la chiesa non era stata ancora costruita, il canonico Mariano Colella, colpito da quanto avveniva nell’ossario e visto che le cerimonie religiose venivano celebrate nell’interno di esso, iniziò una raccolta di fondi fra gli stessi fedeli, per la edificazione di una chiesa, la cui presenza avrebbe dovuto ovviare ai gravi inconvenienti che noi oggi abbiamo denunciato.

L’opposizione del Parroco

All’opera di questo nobile canonico si è opposto il Parroco, il quale per fini che preferiamo tacere, ma che sono a conoscenza di tutte quelle persone autorevoli con le quali abbiamo avuto modo di parlare, vorrebbe avere l’assoluta priorità “senza ingerenza di laici” su questo luogo.

Proseguendo nelle nostre indagini ci è stato detto dalle autorità competenti che il Comune non ammette né riconosce culto nell’ossario delle Fontanelle.

Il compito specifico del guardiano dovrebbe essere quello di aprire solo il lunedì, di non fare entrare niente (vi sono nicchie del 1950) e naturalmente di non far trafugare nulla.

Dal punto di vista giuridico, al fine di stabilire le responsabilità circa gli sconci e i reati che vi si commettono, abbiamo accertato che l’esistenza dell’ossario è legale.

Essendo dunque legale, la responsabilità di quanto in esso avviene ricade sulla Direzione dalla quale dipende anche il guardiano, sul Rettore del Cimitero e sul Comune che dovrebbe curarne la sorveglianza fino a quando le autorità non interverranno per sopprimerlo, chiuderlo o adibirlo ad altro uso.

 

 

Giornale D’Italia  Domenica 22 /10/1950

 La nostra inchiesta sull’ossario/La Curia ha svolto indagini/Ma non ha ritenuto opportuno intervenire/“È una cosa di eccezionale gravità” dice il professor Ronga – Anche in un’altra Chiesa si verifica lo stesso sconcio

 

(A.R.) Ci siamo recati nella Curia Arcivescovile per poter conoscere da mons Rinaldi o mons Castaldi il parere circa quanto avviene nell’ossario delle Fontanelle, cioè il trafugamento di resti umani, l’illecito commercio di teschi, le sedute spiritiche, le cerimonie religiose. Tuttavia malgrado la nostra buona volontà, non siamo riusciti nell’intento.

Infatti i Monsignori erano occupati in una riunione di parroci. Abbiamo parlato con altri Monsignori i quali però non hanno voluto assumersi la responsabilità di un parere sull’argomento.

Ad ogni modo abbiamo appreso che la Curia ha svolto numerose indagini nei confronti dell’ossario, senza tuttavia ritenere opportuno un intervento sulla faccenda.

Le nostre domande sono qui e le pubblichiamo, fiduciosi che i Monsignori interessati trovino il tempo per una risposta esauriente.

“La Curia era a conoscenza che nella sacrestia della parrocchia era stato praticato abusivamente un accesso nell’ossario?

Richieste respinte dal Comune

Perché mai sapendo che questo luogo era oggetto di tale e tanta speculazione, la Curia ha appoggiato presso il Comune, che le ha sempre respinte,le richieste del parroco, tendenti ad ottenere la giurisdizione del luogo “ senza interferenze dei laici”?

Perché le autorità ecclesiastiche no hanno mai fatto nulla per chiudere questo luogo, ove si offendono i principi morali e religiosi della Chiesa?”

Qual è il compito del Rettore dei Cimiteri, e perché non è mai intervenuto per porre fine al mercimonio?”

Per quanto riguarda più precisamente le responsabilità del parroco le ipotesi sono due: se egli è a conoscenza di quanto accade nell’ossario vuol dire che si presta al mercimonio e quindi è più colpevole degli altri; se lo ignora e agisce in buona fede vuol dire che non è all’altezza della situazione e che ha delle cognizioni di teologia limitate.

Sappiamo, d’altra parte, che a Napoli non in questo solo luogo accadono cose irriverenti nei confronti dei defunti.

Nella Chiesa dei Cappuccini

Infatti a San Pietro ad Aram, al Rettifilo, una delle più importati strade cittadine, nella chiesa dei monaci cappuccini, esiste un altro ossario, ove, escluso forse il trafugamento di teschi e di altri sconci speculativi, avviene quanto noi abbiamo detto per le Fontanelle.

Anche qui vi sono numerose nicchie con teschi, anche qui il popolo si postra innanzi ai resti umani attribuendo ad essi miracolose virtù.

Anche qui ci sono dei religiosi, questa volta dei monaci, i quali con la loro presenza, convalidano ed autorizzano le teorie superstiziose dell’umile popolo napoletano.

Abbiamo avvicinato nell’occasione il prof Carlo Ronga, allievo dell’illustre prof on Tesauro, il quale, in proposito ci ha detto:

“Ritengo che sia veramente cosa di eccezionale gravità, perché ciò che si verifica colpisce profondamente la dignità morale del nostro popolo, che ha tradizioni radicate ed antichissime. Dal punto di vista morale bisognerebbe che le autorità intervenissero tempestivamente ed energicamente per evitare che la piaga dilaghi ed assuma proporzioni più vaste.  Per autorità intendo quelle politiche giudiziarie e amministrative. Per quanto riflette la questione giuridico penale è necessario che intervengano le autorità di P.S. perché indubbiamente i reati che si commettono sono frequenti e gravi, tanto più che i fatti si verificano in una zona prevalentemente popolare per cui si rende urgente un intervento in quanto il popolo ha bisogno certamente di conquistare un più alto livello di vita e dimenticare la follia collettiva e turbinosa che ha sconvolto la coscienza di molti nell’immediato dopoguerra”.

Dal punto di vista teologico il censore, prof De Rosa, da noi intervistato, ha detto: “ Le reliquie dell’organismo corporeo vanno considerate con rispetto e con quella venerazione che si ha verso ciò che è rimasto di un corpo che è stato tempio dell’anima”.

La nostra indagine è terminata. Ci auguriamo che mettendo una pietra su quanto accaduto fino ad oggi si provveda all’immediata chiusura dei luoghi menzionati, i quali costituiscono  un affronto dal punto di vista giuridico, religioso e morale.

 

 

 La Croce 29/ 10/ 1950

Circa il cimitero delle Fontanelle

 

 

In questi giorni, che ci sono particolarmente cari perché rievocano la sacra memoria dei nostri defunti, vogliamo dire la nostra parola su quanto è stato stampato in alcuni quotidiani e particolarmente in una lettera a noi inviata circa il Cimitero delle Fontanelle.

Diciamo Cimitero e non ossario come hanno pubblicato i giornali perché secondo il Diritto Canonico un luogo destinato ad accogliere i resti mortali di cattolici si dice cimitero. E proprio questo si trova alle Fontanelle.

Poniamo intanto la questione nei suoi veri termini: la chiesa non solo permette il culto dei defunti, ma ci esorta a suffragarli con le parole ispirate dalla S. Scrittura: Sancta et salubris est cogitatio pro defunti exorare ut a peccatis solvantur. È  santo e salutare il pensiero di pregare per i defunti perché siano sciolti (dalle pene) dei peccati.

Ogni buon cattolico sa che la orazione per i defunti va diretta all’anima e non al corpo; pur tuttavia, come dice S. Agostino, non è da condannarsi la cura per il corpo che è nel sepolcro perché esso fu la casa dell’anima. E come noi conserviamo gelosamente qualsiasi oggetto che appartenne ad un nostro caro defunto, così anche il corpo del defunto può essere oggetto di un particolare culto. La Chiesa infatti lo asperge con l’acqua benedetta e lo incensa così come fa in tante religioni.

Ma non fa meraviglia che come in ogni culto, così anche in questo, anzi più frequentemente in questo, si abbiano delle deviazioni che spesso diventano vere profanazioni compiute o da gente ignorante o da superstiziosi, anche se forniti di una certa cultura; anzi alcuni che non credono in Dio credono ciecamente in tali deviazioni che vanno dalla richiesta dei numeri del lotto (non ancora si è pensato alla Sisal) fatta ai teschi, alle pretese divinazioni e financo alle polverine di ossa usate dalle fattucchiere per filtri, scongiuri, fatture et similia.

Evidentemente tutto questo è severamente condannato dalla Chiesa.

Ciò posto che cosa esiste alle Fontanelle? Un insieme di caverne scavate nella roccia dove si trovano migliaia e migliaia di resti umani. Con essi si sono formate delle nicchie, delle cappelle, mentre altre ossa giacciono alla rinfusa.

Non si creda che ciò sia un fatto particolare di Napoli; anche a Roma a S. Agnese fuori le mura v’è un cimitero annesso alla Chiesa dove si trova qualche cosa di simile.

Da moltissimi anni il popolino del rione ed anche quello della città si reca il lunedì in quel luogo per suffragare quei morti. Fin qui nulla di male. Fu costruita anche una chiesa, oggi parrocchia, a ridosso delle caverne, ma sulla strada, dal canonico Mariano Colella defunto da parecchi anni.

Prima di andare oltre osservo incidentalmente che nel “Giornale d’Italia” del 21 ottobre è detto che l’attuale parroco ostacola la costruzione della chiesa. L’articolista però non si è accorto di aver presa una grossa “papera” perché pochi righi prima ha scritto;”Molto tempo fa quando la chiesa non era stata ancora costruita”. Inoltre l’attuale parroco esercita  i suo ufficio proprio in quella chiesa costruita a suo tempo dal Colella. Non è il caso della favola di Esopo sul lupo e l’agnello?

In questi ultimi giorni sono stati denunziati all’autorità di P.S. fatti sconvenienti, commessi da fattucchiere che vendevano, a prezzi d’affezione, da 500 a 5.000 lire, le polverine tratte dalle ossa.

Evidentemente non saremo noi a difendere quelle megere, ma, per mettere le cose a posto ci chiediamo: quel luogo è per noi sacro, come è considerato dal Municipio? Evidentemente deve essere considerato come profano dato che il Municipio tiene le chiavi e le ha affidate a un guardiano, suo dipendente, escludendo il Parroco dalla vigilanza di quel luogo.

Come s’è detto innanzi, la Curia non può condividere le idee del Municipio anche perché in quel luogo si svolgono dal popolo pratiche religiose pubbliche anche se non ufficiali. Ed allora incombe all’Autorità Ecclesiastica e per essa al Parroco locale o ad un Cappellano che non si trascenda in pratiche proibite dalla Chiesa. Il Municipio sembra che sostenga che non v’è bisogno di Cappellano, dato che non si compiono in tale luogo operazioni di interro o di sterro. Il giornalista sopra citato va anche oltre perché dice di aver saputo dall’ufficio competente che: ”il comune non ammette né riconosce culto nell’ossario delle Fontanelle.” Vogliamo credere che il Sindaco non abbia detto tali parole, dato che non spetta a lui stabilire se un luogo sia o no degno di culto. Ad ogni modo facciamo notare che neppure nei cimiteri di guerra si compiono le operazioni di interro e di sterro, mentre alla custodia di essi vigila non solo il personale laico, ma anche un cappellano militare.

Se vi siano state manomissioni di ossa spetta all’Autorità inquirente stabilirlo e cercare i rei; tra questi evidentemente non può esservi chi è stato escluso dal controllo di quel luogo.

In ogni caso noi poniamo la questione nei seguenti termini. Se il Comune considera non sacro quel luogo lo chiuda con muratura e vi ponga innanzi una lastra di marmo. Il popolo se vuole, andrà a pregare innanzi a quel marmo così come prega nei nostri cimiteri. Il municipio però non può permettere che si svolgano in esso, quando è aperto, pratiche religiose anche non ufficiali senza il controllo dell’autorità Ecclesiastica e ciò per disposizione canonica.

Dire poi come è stato stampato nel Giornale d’Italia che il Parroco vuole le chiavi per far commercio, significa voler incolpare una persona per reati non ancora compiuti, ma che potrebbe eventualmente compiere in seguito.

Questo non è degno di un giornalista che si rispetti anche se si trinceri prudentemente sul giudizio “delle persone autorevoli con il quale (sic) ha avuto modo di parlare”.

La lettera inviata alla direzione de La Croce con firme dattilografate (dovrebbero essere per regolarità autografe) si occupa anche dei teschi esposti in alcuni ipogei di chiese. Ci risulta che la cosa è da tre mesi allo studio dell’Autorità Ecclesiastica. Non è stato possibile giungere alla soluzione finora per varie ragioni anche perché si tratta di enti non soggetti completamente alla giurisdizione dell’Ordinario del luogo. Comunque possiamo assicurare i lettori che disposizioni tassative saranno emanate tra breve.

La Direzione

Il cimitero delle Fontanelle al Circolo Nautico Posillipo

Dell’appassionata presentazione del  libro, e quindi del cimitero delle Fontanelle, fatta da Raffaella D’Alessandro,  piace sottolineare un aspetto. L’accento posto non tanto sulle questioni antropologiche, religiose o storiche, ma sul tratto artistico del luogo: una moderna e spettacolare rappresentazione della morte, lontana dal macabro, che, nel silenzio profondo e negli spazi solenni, sembra suggerire un’antica spiritualità. Credo che sia quello che poi colpisce gli artisti che visitano le Fontanelle e la rappresentazione che ne danno. Un grazie a  Silvana Geirola per aver organizzato l’evento.

 

La Rete Sanità incontra gli assessori alla cultura e ai giovani

Il giorno 11 si è tenuto l’incontro della Rete Sanità con gli Assessori del Comune di Napoli alla cultura e ai giovani, presente la Presidente della terza Municipalità. Sul cimitero delle Fontanelle la Rete ha ribadito le richieste avanzate nel maggio scorso, che non hanno ancora ricevuto risposta dall’Amministrazione.
La discussione ha forse fatto un passo avanti, perché l’assessore Nino Daniele ha proposto la costituzione di un comitato tecnico-scientifico istituito dal Comune, che tracci le linee guida per la gestione del bene culturale. Qualche perplessità: potrebbe essere la solita commissione che si istituisce quando non si sa che fare, ma potrebbe anche essere lo strumento per affrontare una materia non semplice. Se son rose fioriranno! Aspettiamo la composizione del comitato e la definizione dei suoi compiti.
È stato inoltre consegnato all’Assessore Daniele uno scritto di Rocco Civitelli di prossima pubblicazione: “1950 – 1970. Il culto delle Anime del Purgatorio al cimitero delle Fontanelle in alcuni articoli della stampa napoletana” che evidenzia la storica incapacità delle istituzioni civili e religiose napoletane di affrontare le questioni che la gestione del cimitero pone.

I care incontra il Vescovo Ausiliare della Chiesa di Napoli Mons. Lucio Lemmo, in visita alla Parrocchia delle Fontanelle, e rinnova la richiesta di un impegno della Curia sul cimitero delle Fontanelle.

Parrocchia Maria SS. del Carmine alle Fontanelle
Diocesi di Napoli

 

Monsignor Lucio Lemmo
Vescovo Ausiliare della Chiesa di Napoli
 

Monsignore,
       nel novembre del 2012  abbiamo consegnato a Sua Eminenza il Cardinale Crescenzio Sepe, in visita alla nostra Parrocchia, una lettera nella quale, dopo aver descritto il complesso delle iniziative portate avanti dalla nostra Associazione “I care” per ricostruire e valorizzare l’ossario, abbiamo chiesto che venisse formalizzato il rapporto tra la Parrocchia e il cimitero delle Fontanelle.

Questa nostra richiesta si fondava e si fonda sulla costatazione che Il cimitero delle Fontanelle è un cimitero storico, cioè nello stesso tempo un luogo sacro e un bene culturale, sottoposto alle regole che vigono per i luoghi in cui non avvengono più sepolture e sono aperti al pubblico, come gli ossari e i cimiteri monumentali e militari. Affidare questo luogo sacro, per gli aspetti religiosi, alla parrocchia di Maria SS del Carmine alla Fontanelle, ci sembrava e ci sembra naturale, in quanto la chiesa, prima di essere elevata al rango di parrocchia, era la chiesa del cimitero.

Rinnoviamo ancora una volta questa nostra richiesta anche a fronte di presenze nel cimitero di religiosi che hanno sostenuto posizioni del tutto singolari, per non parlare dei laici che discettano di un ipotetico culto ancora praticato alle fontanelle.

 L’Associazione “I care” ha avuto un primo  incontro con l’Assessore alla Cultura del Comune di Napoli per chiedere il patrocinio della brochure che in questi giorni abbiamo pubblicato, e ci è gradito consegnarle, e per affrontare i problemi della direzione del cimitero e della sua gestione.  L’Assessore ha convenuto sulla necessità di istituire una cappellania, ma ha rilevato che la sua formalizzazione spetta alla Curia e che non vi è alcun ostacolo da parte del Comune. È una posizione nuova, in una discussione che dura oltre settanta anni. Riteniamo utile riportare a questo fine un brano de “ La Croce” relativo a una dura polemica giornalistica che ci fu all’inizio degli anni cinquanta sul cimitero e che l’Associazione  “I care” si appresta a pubblicare.

“Il Municipio sembra che sostenga che non v’è bisogno di Cappellano, poiché non si compiono in tale luogo operazioni di interro o di sterro. Il giornalista sopra citato va anche oltre perché dice di aver saputo dall’ufficio competente che: ”il comune non ammette né riconosce culto nell’ossario delle Fontanelle.” Vogliamo credere che il Sindaco non abbia detto tali parole, dato che non spetta a lui stabilire se un luogo sia o no degno di culto. Ad ogni modo facciamo notare che neppure nei cimiteri di guerra si compiono le operazioni di interro e di sterro, mentre alla custodia di essi vigila non solo il personale laico, ma anche un cappellano militare.”

 Monsignore, quella attuale è una situazione confusa e incerta, che stravolge la storia della religiosità e della pietà del popolo napoletano. Una storia intensa e ricca, a volte drammatica, di cui l’ossario delle Fontanelle è un’importante testimonianza.

Chiediamo il Suo contributo e il Suo sostegno per fare un passo in avanti.

 Napoli Fontanelle, 2.3.2014

                                                    Il Parroco
                                           Evaristo Gervasoni 

I Care incontra Mons. Lucio Lemmo

Una quinta alle Fontanelle

Nel quadro del progetto “Guardiamo il quartiere con altri occhi” organizzato dalla Ludoteca Comunale di Piazza Miracoli, la nostra associazione fa visite guidate all’ossario delle Fontanelle per i bambini delle scuole elementari. Nel mese di gennaio ci siamo andati con una quinta dell’Angiulli, la scuola elementare della Sanità che ha aderito al progetto della ludoteca.  Dopo la visita i bambini hanno lavorato in classe producendo scritti e disegni sulla visita. Eccone una piccola rassegna.