Maggio dei Monumenti 2015

“ll cimitero delle Fontanelle oltre il folclore e il popolare una ricerca in corso…”

Visite guidate gratuite al cimitero delle Fontanelle 

Prenotazione obbligatoria al 3284790743

Date e orari: 
2 – 9 -16 – 23 – 30 maggio – 6 giugno, ore 15. 
3 e 31 maggio ore 10,30. 

Luogo d’incontro: davanti alla chiesa di Maria SS del Carmine alle Fontanelle, 
via Fontanelle n. 154.

 

Marasma

Ha suscitato molte reazioni l’espressione “marasma antropologico del popolo campano” usata nella recensione di un libro sul sole 24 Ore.
Ne abbiamo parlato anche ieri nella riunione di IRIS Fontanelle e tutti abbiamo convenuto che sicuramente l’aggettivo è ambiguo, ma che il sostantivo calza molto alla realtà napoletana. Forse l’espressione più coerente è marasma culturale.
Non è stata una discussione astratta.
Come definire infatti diversamente quello che è accaduto nel cimitero delle Fontanelle nel giro di alcune settimane?
Sono stati scavalcati i recinti e poste due nuove teche riempite di teschi prelevati dalle composizioni allineate lungo le pareti.
Una teca è una cassetta di polistirolo, quella normalmente usata per il trasporto delle mozzarelle, l’altra è in ferro e porta la scritta per grazia ricevuta e la data del gennaio 2014.
Si tratta di atti di devozione? Ma in tutti i cimiteri e le chiese napoletane gli atti di culto e di devozione sono concordati con i sacerdoti o con i cappellani.
C’è chi sostiene che si tratta di un intervento di operatori o guide turistiche per rendere più plausibile i racconti sulla superstizione e sul paganesimo dei ceti popolari napoletani.
Chiunque abbia ricollocato i teschi sa che ha compiuto un reato punito dal codice penale?
Il comune, proprietario e gestore, è naturalmente assente.
E la Sovrintendenza?

Il 2 novembre alle Fontanelle

Quest’anno la celebrazione della giornata dei defunti al cimitero delle Fontanelle è stata ricca di novità positive.

L’assessore alla cultura, dott. Nino Daniele, ha visitato sia il cimitero che la mostra sulla storia dell’ossario e in serata il vicario episcopale, Monsignor Gennaro Acampa, ha guidato la liturgia in chiesa e la processione religiosa nel cimitero.

Questo 2 novembre 2014 ha visto, dunque, assieme a tanti fedeli anche la presenza congiunta sia delle istituzioni civili che di quelle religiose e ciò non avveniva dagli anni ‘30 del Novecento. Un altro passo in avanti per riportare la gestione del cimitero nella sua vera dimensione di cimitero storico, cioè nello stesso tempo luogo sacro e culturale, per superare il degrado folcloristico in cui è relegato.

Il cimitero delle Fontanelle “Oltre il folclore e il popolare, una ricerca in corso…”

Comunicato Stampa

In occasione delle celebrazioni del 2 novembre è stata organizzata una mostra di documenti e libri sulla storia del cimitero delle Fontanelle.

 Il titolo della mostra, “Oltre il folclore e il popolare, una ricerca in corso”, indica il percorso nuovo che la ricerca ha intrapreso, di una storia che non è testimonianza del paganesimo e della superstizione della plebe napoletana, ma di alcuni duri momenti della tormentata vicenda storica della città nell’ultimo secolo e mezzo.

La mostra traccia e documenta un percorso che va dalla costruzione dell’ossario fimo ai giorni nostri, caratterizzati dalla scomparsa o dalla distruzioni di parti importanti del bene culturale e dalla difficoltà del Comune di gestire questo bene che è, innanzitutto, un luogo sacro

La mostra espone pezzi di assoluta novità, come la commemorazione del Cardinale Guglielmo Sanfelice avvenuta nel Cimitero delle Fontanelle nel 1897,  “una visita agli ossari” di Cesira Siciliani del 1881, oltre a racconti poco conosciuti di Giuseppe Marotta e Domenico Rea.

La mostra, realizzata tutta con lavoro volontario, sarà esposta nella chiesa di Maria SS del Carmine alle Fontanelle, dal 30 ottobre al 2 novembre, orari 10-12 e 17-19.

Le celebrazioni del 2 novembre saranno concluse dalla celebrazione eucaristica in chiesa e dalla processione religiosa nel cimitero presiedute da Monsignor Gennaro Acampa, Vescovo ausiliare di Napoli

Napoli 29 10 2014

 

I care Fontanelle

Centro di Ricerca e Documentazione del cimitero delle Fontanelle

Il destino purgatoriale di Napoli in alcuni articoli del Sole24Ore della domenica

Estate 2014. Il destino purgatoriale di Napoli in alcuni articoli del Sole24Ore della domenica
L’articolo di Roberto Napoletano su Maurizio Marinella “Partire da Napoli per restare a Napoli” offre una bella rappresentazione della città che lavora e produce, lontana dagli stereotipi. “Napoli, la città italiana più martoriata dagli stereotipi” scrive infatti Luigi Paini nel suo “Inceneriti sotto il Vesuvio” della Domenica del Sole del 6 luglio scorso.
Eppure, sia nell’articolo di Napoletano che in quello di Renato Palazzi, “Il ciclopico pezzentello”, che affianca lo scritto di Luigi Paini, appaiono poi inesorabili gli stereotipi.
Palizzi recensisce uno spettacolo teatrale di Mimmo Borrelli andato in scena nella chiesa delle anime del Purgatorio a Napoli. Non entro nel merito sia dell’opera, che dell’intera stagione teatrale organizzata dall’Opera Pia nel complesso di Purgatorio ad Arco. Ritengo molto positivo che anche a Napoli ci si muova nella direzione di una gestione innovativa dei beni culturali che sia capace di vivere, soprattutto se privati, anche autonomamente, senza attingere solo al denaro pubblico. Appare invece singolare che l’autore, nel descrivere il luogo in cui la rappresentazione è stata effettuata, la chiesa del Purgatorio ad Arco, parli di “culto pagano dei defunti” oggetto di “un’incessante devozione popolare”. Sul culto delle anime del Purgatorio a Napoli vi è una letteratura sterminata e le opinioni sulla sua natura pagana o cattolica, anche nella chiesa, si confrontano, ma dire che c’è un’incessante devozione non corrisponde alla realtà ed è una classica “invenzione della tradizione”. Il culto, infatti, finì nel clima di attuazione del Concilio Vaticano II, che portò al superamento del devozionismo tridentino. Ma l’invenzione serve all’autore per concludere che il luogo “…è una metafora di Napoli stessa, che è Purgatorio dei viventi, perennemente in bilico tra euforia e rassegnazione”. Lo stereotipo vuole che la devozione a Napoli sia magica e pagana, comunque superstiziosa e, soprattutto, espressione dell’incontro dei napoletani con un destino ineluttabile. È quello che Giuseppe Galasso ha individuato come uno dei problemi della napoletanità: una rappresentazione della religiosità più arretrata di quella che realmente è. Perché poi di quest’arretratezza si facciano portatori innanzitutto gli intellettuali napoletani, e in particolare i giornalisti, è ancora da studiare.
Ma anche anche l’articolo di Napoletano subisce il fascino implacabile di questo stereotipo, quando parla di Napoli “una città senza pace e senza lavoro”. Un’affermazione dal sapore biblico, di un destino contro cui è velleitario lottare. Sembra che anche Napoletano evochi il destino purgatoriale di Napoli. Quel ciclo dei “vinti” trasferito dalle falde dell’Etna all’ombra del Vesuvio, che attanaglia la cultura meridionale e abbaglia la politica portandola sulla strada della perenne emergenza e dell’immobilismo. Un’affermazione che contraddice il significato dell’articolo “Partire da Napoli per tornare a Napoli”, che è proprio l’aver indicato una grande tradizione di lavoro artigianale che esiste da secoli ed è capace di innovare e di competere nel mondo globalizzato. Una tradizione basata sulla qualità come marchio di un lavoro che si afferma nella moda come nell’alimentare, nella musica, ma anche nell’armamento, nel turismo e nella cultura. Mesi addietro passeggiavo con un avvocato milanese per il Vomero. Eravamo fermi all’incrocio tra via Alessandro Scarlatti e via Luca Giordano, un luogo brulicante di vita, ma senza i tratti della napoletanità, quando l’avvocato a bruciapelo mi ha chiesto: “ma questa gente da dove trae il suo reddito?”. La realtà di una Napoli che lavora e che produce è una realtà negata. Per oltre cinque secoli Napoli ha avuto una crescita demografica eccezionale e questa crescita non ha mai avuto una spiegazione. Nel seicento e nel settecento gli illuministi hanno sostenuto che la gente veniva a Napoli per sfuggire alle angherie feudali; ma ciò non spiega la crescita dell’Ottocento e del Novecento e, inoltre, da decenni la storiografia sulla feudalità meridionale ha abbandonato il cliché delle angherie di un baronaggio assenteista e prepotente. La verità è che la gente affluiva a Napoli perché a Napoli c’era lavoro.
È nell’esperienza concreta della mia generazione che, tra la fine degli anni Sessanta e l’inizio degli anni Settanta, Napoli aveva sostanzialmente raggiunto la piena occupazione. Alla crisi e ai cambiamenti che iniziarono negli anni Settanta, e che nel corso dei decenni successivi hanno ridefinito rapporti e gerarchie tra i territori, Napoli ha risposto con l’immobilismo, la richiesta dell’assistenza innanzitutto, ma non solo, per i disoccupati organizzati, la difesa ad oltranza dell’indifendibile. Ancora una volta non ha saputo innovare la sua identità partendo dal suo grande patrimonio lavorativo.
E oggi la situazione a Napoli è certamente difficile, molto difficile. Come uscirne? L’articolo di Napoletano indica la strada: il lavoro, la sua qualità. Per sapere come percorrerla non c’è bisogno di andare a Torino, che nel corso di centocinquanta anni ha cambiato tre volte la sua identità, basta andare a Salerno.
Non un destino purgatoriale quindi per Napoli, ma scelte sbagliate della sua classe dirigente da evidenziare ai giovani, affinché essi possano cimentarsi con successo con i grandi cambiamenti a cui quest’epoca li chiama.