Vincenzo Aiello recensisce il libro : “Il cimitero delle Fontanelle”

Da “Il sole di stagno”

I libri, le recensioni e i racconti di Vincenzo Aiello

“Tantum religio potuit suadere malorum” 

Nella sterminata pubblicistica sull’ipogeo napoletano più conosciuto al mondo di Santa Maria del Carmine, s’inserisce il testo “Il cimitero delle Fontanelle, una storia napoletana (pagg. 107, euro 10  ; edizioni Dante& Descartes)” scritto dallo storico locale Rocco Civitelli, che aveva già firmato qualche anno fa un testo consimile su “Via Foria”. Con le belle foto di Vito Silvestri, l’autore partendo da “Viaggio in Italia di Rossellini”, fino alla celeberrima dichiarazione di Gregor Schneider dopo la visita alle capuzzelle di Rione Sanità, “Napoli mi ha ispirato per il senso di morte di cui è pervasa”, ricostruisce le ragioni storiche, antropologiche e pseudo-religiose che hanno contrassegnato la vita di questo sito, perché ”se è di difficile comprensione l’accadimento soprannaturale in sé, e se le ragioni della nascita di un culto non sono uniche e non sempre facilmente individuabili, è evidente che l’utilizzazione politica del fenomeno miracoloso è un fatto storico di portata non marginale e non resta circoscritto in un ambito puramente religioso”. Civitelli oltre a lodare l’impegno di enti ed associazioni che stanno permettendo la fruizione di questo sito ripercorre le ragioni che fanno dei napoletani un popolo antimoderno per eccellenza: dalla porta degli Inferi di Virgilio all’istallazione del 2003 di Rebecca Horn a piazza Plebiscito. Poi, Civitelli, ripercorre con cura ed acribia le ragioni che portarono all’apertura dell’ossario riportando anche i testi delle lapidi distrutte nei lavori di ristrutturazione. Il cimitero voluto dalla Pietà del canonico Gaetano Barbati fu costruito nell’attuale sistemazione nella seconda metà dell’Ottocento. Civitelli si spinge anche ad ipotizzare di chi fossero i teschi presenti e per quali ragioni non furono trasportati a Poggioreale e perché ce le ritroviamo nell’attuale sistemazione. Non manca una sezione sul “culto delle anime del Purgatorio”. Il testo contiene anche la lettera di Matilde Serao al Vescovo Prisco in occasione dell’eruzione del Vesuvio del 1906. Dalla devozione si passa alla considerazione del luogo come bene culturale e nel 1969 il Cardinale Ursi fa suo un dispositivo di una sentenza che sancisce “che non sono ammessi culti verso resti umani anonimi, ma solo verso reliquie riconosciute come tali dalla chiesa. E’ la fine del culto delle anime del Purgatorio nella forma – quasi pagana – in cui veniva espletata. Il testo si completa di un indice analitico dei nomi che è funzionale alla curiosità del lettore erudito.

Vincenzo Aiello

 

 

 

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